sabato 26 giugno 2010

La matematica in testa

Si potrebbe dire che stiamo ancora pagando la bellissima vacanza in Irlanda di un anno fa. Infatti, quest’estate stiamo proprio qui a casa e sappiamo tutti cosa vuol dire, che faremo tanti … ‘COMPI’ (in forma abbreviata la parola ‘compiti’ è meno dolorosa a quanto pare). Ieri Melissa si è messa di sua spontanea volontà a fare le operazioni di matematica, materia che le va abbastanza a genio. Zacky non vuole mai essere da meno per cui stamattina abbiamo fatto un bel po’ di addizioni e sottrazioni con la prova e poi un gioco che lui adora in cui i due giocatori devono fare la somma dell’operazione indicata sulla loro carta e chi ha il numero più alto prende entrambe le carte. Non si è accorto Zacky che in realtà facevo in modo che lui facesse non solo le sue ma anche le mie operazioni! Ci siamo divertiti da matti. Anche a lui piacciono moltissimo i numeri ma senza dubbio ci metterà molta più fatica a raggiungere gli stessi traguardi.

Sapevo che i bambini con la sindrome di Down imparano più facilmente quando hanno dei supporti visivi, ma abbiamo avuto la prova di questo fatto usando Numicon, un sistema per bambini per imparare la matematica. Perché funzione Numicon per bambini con la sindrome di Down più di sistemi tradizionali? A differenza della linea dei numeri ad esempio che è una linea di simboli che richiede comunque un salto mentale per concepire la grandezza del numero, Numicon da realmente un senso di quantità.

Stasera, appena prima di scivolare sotto le coperte per addormentarsi Zacky, con tanto entusiasmo ha cominciato a dire le somme … beh, almeno quelle che piacciono a lui: “zero più cinque fa cinque” (0+5=5) e poi “tre cento novantadue più zero fa trecento novantadue” (392+0=392) ecc. Ho provato io a chiedere qualche somma facile che pensavo conoscesse a memoria come 3+3 e 5+5 e infatti mi ha risposto senza grossa difficoltà. Poi mi dice: “Mamma, quanto fa 13+13?” e senza aspettare, con gli occhi vivacissimi e voce eccitata, risponde da solo “tre più tre … sei! Uno più uno fa due … ventisei!!” (3+3=6 1+1=2 quindi 26). Senza ne penna ne linea dei numeri ne Numicon, aveva messo i due numeri in colonna e fatto la somma in testa! Oh wow, potrebbe superare sua mamma dopo tutto!


Math in his head

I guess you could say that we are still paying for the wonderful vacation we had in Ireland a year ago. This summer in fact we will be staying right here at home and we all know what that means; we will be doing lots of …. homework! Yesterday, with no pushing from me, Melissa sat down and did a fair bit of the math exercises that had been assigned, a subject that she seems to like rather well. Not wanting to be outdone by his sister, this morning Zacky did a lot of exercises in addition and subtraction and then we played a game that he loves where the two players say the sum of the operation indicated on their card and the player that has the highest number takes both cards. Zacky didn’t seem to notice that I was working it so that he was not only doing the addition on his cards, but mine as well! We had a great time. Zacky loves numbers, but without a doubt it will be much more difficult for him to achieve the same goals as his sister.

I knew that children with Down syndrome were ‘visual learners’ and therefore learn more easily when they have visual supports, but we have now had an actual demonstration of this using Numicon; a system for children to learn mathematics. Why does Numicon work better than traditional methods for children with Down syndrome? Unlike a number line for example that is a line of symbols that still requires a mental leap to understand the size of the number, Numicon gives a concrete sense of quantity.

Tonight at bedtime, just before Zacky slipped down under the covers, he began to do sums with great enthusiasm … well, at least the ones he likes: “zero plus five makes five” (0+5=5) and then “three hundred and ninety two plus zero makes three hundred and ninety two” (392+0=392) etc. I tried asking him some easy sums that I thought by now he might know by heart such as 3+3 and 5+5 and he did in fact answer without any great difficulty. Then showing off a bit he says: “Mamma, how much is 13+13?” and then without waiting, with eyes dancing and excitement in his voice, he answered his own question “three plus three … six! One plus one makes two … twenty-six!!” (3+3=6 1+1=2 therefore 26). With neither pen nor number line nor Numicon, he had put the two numbers in a column and done the sum in his head! Oh wow, he could beat his mother after all!

lunedì 21 giugno 2010

Turchese

Traduzione di un blog di Dave Hingsburger, esperto di psicologia comportamentale, lavora nell’ambiente della disabilità da parecchi anni ed è disabile lui stesso da diversi anni.

Link al blog in inglese pubblicato 20 giugno 2010, tradotto e riportato qui con il permesso dell’autore:
http://davehingsburger.blogspot.com/2010/06/turquoise.html


Ho cercato di fermarmi ma non sono riuscito.

Sapevo che non avrei dovuto sentire niente – ma invece sentivo.

Toronto è la città più grande del Canada. Yonge Street ha gli incroci più trafficati di tutta la nazione, ci sono macchine, gente, sedie a rotelle e passeggini ovunque. Noi avevamo preso un tè ed eravamo diretti verso il parchetto George Hislop per sederci a bere. Ho dovuto fermarmi un attimo prima di attraversare il bordo del marciapiede con la sedia a rotelle andando verso la parte est della strada per fare passare una donna. Le ho lanciato un’occhiata soltanto, per vedere quando avrei potuto muovermi con sicurezza. Ed è stato in quel momento che ho realizzato.

Realizzato davvero.

Lei aveva forse vent’anni. Aveva fretta e camminava a ritmo sostenuto. Un sorriso sul viso indicava che qualcosa di divertente era appena successo o stava per succedere. Aveva uno zaino blu sulla spalla sopra una T-shirt colore turchese. I suoi jeans erano volutamente stretti, non come conseguenza del suo peso. Mi ha superato, non vedendomi, guardando solo verso la sua destinazione. Era da sola.

e ...

aveva la sindrome di Down.

Non avrebbe dovuto avere importanza per me, ma invece lo aveva. Mentre ho attraversato la strada con la sedia a rotelle mi sono scoperto con le lacrime che riempivano gli occhi. Ho visto la mia vita davanti agli occhi; non è la morte che fa tornare rapidamente la memoria – è la vita. Ho visto una scuola elementare senza bambini con disabilità. Ho visto la scuola superiore senza teenager con disabilità.
Ho visto i miei anni da teenager fino a ai miei venti e trent’anni. La gente con disabilità esisteva solo in un ambiente professionale. Non esistevano in pubblico. Non esistevano senza la divisa da prigioniero impotente – con personale di supporto o genitore accanto a loro. Di certo non esistevano, da soli, per la strada, in città, indossando t-shirt colore turchese e jeans sexy.

Di colpo volevo che ogni medico che diceva a un genitore in attesa che le persone con la sindrome di Down non avevano speranza, non avevano futuro, avesse visto lei. Di colpo volevo che ogni esperto scolastico che crede che le persone con difficoltà di apprendimento non hanno futuro avesse visto lei. Volevo che ogni genitore che teme che il proprio figlio possa non vivere mai autonomamente vedesse lei. Di colpo volevo sentire la storia gridare ad alta voce ‘ABBIAMO SBAGLIATO!!!!!'.

La sua libertà.

La sua indipendenza.

I jeans che sicuramente suo papà non approvava..

I jeans hanno importanza.

Significano che Hitler si sbagliava. Significano che la genetica determina la nostra forma ma non ciò che siamo. Significano che una laurea in medicina non vuol dire capacità di predire il futuro. Significano che bisogna prendere la palla di cristallo che usano i genetisti per vedere il futuro e distruggerla. Significano che dobbiamo dare alla parola ‘possibilità’ il suo vero significato.

Significano che tutti quegli anni di amore e sostegno da parte dei genitori, tutte quelle lacrime versate dalle mamme che hanno lottato per insegnare, tutte le ore che i padri hanno dedicate per incoraggiare sono stati importanti.

Davvero importanti.

Qualche ora dopo ho chiesto a Joe se lui l’aveva vista. Mi ha risposto di no. Mi ha subito chiesto scusa spiegandomi che in quel momento stava parlando con Tessa, che era con noi. Ma io non volevo che la vedesse, che si fosse accorto di lei. Mi sembrava giusto che lei si mimetizzasse con gli altri. Perché io non volevo che lei fosse ‘altro’; volevo che fosse semplicemente ‘un altro’.

E sarà così un giorno per me. Il giorno in cui non sarà più eccezionale vedere le persone vivere al massimo del loro potenziale. Vedere le persone con la sindrome di Down essere semplicemente le persone che erano sempre state capaci di essere. Vedere la libertà come il risultato finale dell’essersi arrampicati per una salita più difficile.

Ma per adesso, io ho bisogno di vederla.

E sono molto contento di averla vista.

Anche se non avrei dovuto.

mercoledì 16 giugno 2010

Stampelle si dice stamps


Ogni tanto ci divertiamo a tradurre le parole dall’italiano all’inglese in modo forzato un po’ prendendo in giro certi italiani che, pur sapendo di non conoscere l’inglese, sperano di azzeccare il termine giusto e fare bella figura. Ad esempio, uno dei preferiti di sempre, e che ogni tanto tiriamo fuori è ‘figurati!’ che si dice ‘figure yourself!’ in inglese, vero? Sbagliato! Stasera si vede che Zacky aveva voglia di scherzare. Ha esordito dicendo: “Mamma, ‘casa’ in inglese ‘house’” e poi: “'camera’ in inglese ‘bedroom’” Non ero sorpresa che sapesse questo, ma confesso che a sentirgli dire le parole così con tanta sicurezza mi ha fatto sentire orgogliosa. Poi mi ha detto “'stampelle’ si dice ‘stamps’” ridendo a crepa pelle con il viso spiegazzato dall’ilarità; sapeva benissimo che non era vero e stava godendo l’effetto della battuta su di noi.

Ora mi chiedo se qualche mese fa mi prendeva in giro quando mi ha disegnato con stampelle che sembravano due bei tronchi d’albero, e un gesso, in realtà mai avuto, attaccato bello in alto sulla gamba sbagliata!

Stampelle is stamps

Once in a while we get a kick out of making forced translations from Italian to English making fun of certain Italians who, though they are aware that they don’t know English, still think they will hit on the right term and impress everyone. For example one of our all time favourites is ‘figurati!’ which can be translated ‘figure yourself!’ , right? Obviously not! Tonight Zacky clearly wanted to joke around. He began by saying: “Mom, ‘casa’ is ‘house’ in English” and then: “’camera’ is ‘bedroom’ in English”. I was not surprised that he knew those words, but I confess that I was proud all the same to hear him say them so confidently. Then he said: “in English ‘stampelle’ is ‘stamps’” and cracked up laughing with his face all creased up in a cheeky grin; he knew darned well it wasn’t right and was thoroughly enjoying the effect of his cleverness on his audience.

Now I am wondering whether he was making fun of me a few months ago when he drew a picture of me with crutches that look like two big tree trunks, and a cast that I never did have at all, stuck way up high on the wrong leg!