Ho visto e rivisto qualche giorno fa un video su YouTube di ‘Il Divo’, un complesso di quattro giovani cantanti, tutti con una preparazione musicale impeccabile, in cui cantano Amazing Grace al Arena di Pola in Croazia. La performance era commovente ed è stata messa in scena in maniera ineccepibile con i cantanti che si girano al momento giusto per guardare verso un singolo suonatore di cornamusa in alto che riprende la melodia. Ho detto scherzosamente a mia sorella che farebbe bene a prenotare subito il biglietto per vederli e così abbiamo scoperto che per un posto decente a Toronto, avrebbe dovuto pagare $300 ! Che delusione; proprio fuori dalla nostra portata.
La mia amica Alice sa sempre dove andare a vedere uno spettacolo bello o un concerto a poco prezzo. La settimana scorsa ci ha portato a vedere lo spettacolo teatrale “Che festa nella foresta” recitato da un gruppo di giovani adulti diversamente abili della compagnia Gioveteatro di Olgiate Olona. Potrei raccontare di una ragazza con la sindrome di Down che ci ha incantato recitando la parte di Cappuccetto Rosso; la sua preparazione a memorizzare le tantissime battute e il suo modo di esprimerle ci ha lasciato stupiti. O potrei raccontarvi degli altri attori non meno preparati per le loro parti fiabesche più o meno articolate; avevano chiaramente lavorato tanto per superare delle difficoltà fisiche o cognitive per potere partecipare allo spettacolo. E non sarebbe nemmeno sbagliato spendere una parola sull’ingegnosità delle persone che hanno realizzato lo spettacolo. Ma vorrei raccontarvi invece di due momenti che mi hanno molto colpito. Sapevamo dall’inizio che sarebbe stato uno spettacolo un po’ particolare ma forse non ci aspettavamo la spontaneità degli attori e la capacità innata di interagire e aiutarsi a vicenda davanti al pubblico. Un giovanotto che faceva il boscaiolo nella foresta di cappuccetto rosso, forse per una sua difficoltà nel parlare, aggravato da un attacco di panico davanti al pubblico, è rimasto bloccato e incapace di pronunciare la sua battuta. Siamo rimasti senza fiatare per alcuni lunghi interminabili minuti guardando la scena mentre Cappuccetto Rosso accarezzava la spala del boscaiolo per dargli coraggio, suggerendo la battuta parola per parola sottovoce. Dopo questi primi momenti tesi di sconforto il ragazzo è riuscito finalmente a tirare fuori le parole ed andare avanti a recitare la parte che gli è stata affidata, fino alla scena finale. A questo punto il boscaiolo era diventato uno dei sette nani e con una battuta ben più lunga e complicata. Questa volta non sarebbe stato così facile. Dopo un silenzio di almeno dieci minuti, interrotto ogni tanto da un applauso di incoraggiamento, dal viso angosciato del ragazzo sembrava inevitabile che qualcun altro intervenisse per mettere fine al tormento e permettere lo spettacolo di andare avanti. Ma il suggeritore e gli altri attori hanno continuato a fare di tutto perché la dicesse lui la battuta e alla fine, leggendo dal copione, un piccola fila di parole è partita finalmente dalla sua bocca. L’applauso del pubblico è stato assordante e gli attori e il regista hanno esultato dandogli ‘high fives’ e il pollice in su di approvazione prima di andare avanti. Non era importante evitare a tutti i costi di ‘fare brutta figura’ facendo finta che non era successo niente; non aveva nemmeno grande importanza che lo spettacolo andasse liscio, o che fosse recitato in maniera perfetta se voleva dire mortificare qualcuno. Ci hanno ricordato dell'importance di dimostrare veramente fiducia nelle capacità di ogni individuo.
Non si può confrontare lo spettacolo recitato da queste persone straordinarie con la performance di ‘Il Divo’, ma di sicuro abbiamo assistito a uno spettacolo di grandissimo valore che ha trasmesso un messaggio che rimarrà impresso per lungo tempo.
“Che Festa nella Foresta” and Amazing Grace
Several days ago I saw a video on YouTube of a group called ‘Il Divo’ composed of four young singers with impeccable musical training singing Amazing Grace at the Arena in Pula, Croatia. Their performance was moving and perfectly choreographed with the singers turning to watch as a single piper picks up the melody from a position in the limelight behind them. I told my sister jokingly that she had better book her ticket to see them and we then discovered that for a decent seat at the theatre in Toronto she would have to pay about $300 ! What a disappointment; decidedly beyond our limited means.
My friend Alice always knows where to go to see a good show or concert that won’t cost much. Last week she took us to see a theatre production entitled “Che festa nella foresta” (trans. “What a party in the forest”) performed by a group of young, differently-abled adults of the Gioveteatro company of Olgiate Olona (North of Italy). I could tell you about a young lady with Down syndrome that just blew us away with her performance as Cappuccetto Rosso; her memorization of the many lines in a great number of the scenes, and her way of expressing herself was astounding. Or I could even tell you about other actors equally prepared to play their parts as various well-known fairy tale characters; they had clearly worked hard to overcome physical and cognitive difficulty in order to perform in the show. And the people who produced the show also deserve to be mentioned. But I would really like to tell you instead about two different incidents that occurred during the show that made an impression on us all. We knew from the beginning that this would not be your usual theatre production, but perhaps we were not expecting the spontaneity of the actors and an innate capacity to interact and help each other in front of the audience. At one point in the performance, one young man playing the part of a woodsman in the forest of Little Red Riding Hood, perhaps due to some speech difficulties made worse by an attack of stage fright, froze and was totally incapable of pronouncing his line. We held our breath for several interminable minutes watching astounded as Little Red Riding Hood stroked his shoulder encouragingly, prompting him in a low voice word by word. After these first tense disheartening moments the boy finally managed to get the words out and go on with some hesitation to play the part he had been entrusted, right up to the last scene. At this point in the play the young man had become one of the seven dwarves from the story of Snow White and had a much longer more complicated line to say. It wasn’t going to be so easy this time. After a silence of about ten minutes, interrupted by the occasional applause of encouragement, judging by the anguished face of the young actor it seemed inevitable that someone else was going to have to intervene to put an end to his agony and let the show to go on. But the prompter and the other actors continued to do everything possible to enable him to say his line and in the end, reading from the script, a small trickle of words finally left his mouth. The applause was deafening and his fellow actors and the director jumped for joy giving him ‘high fives’ and thumbs up of approval before going on with the rest of the show. They made no pretense of pretending that nothing was amiss; they didn’t care at all about losing face. Nor was it of utmost importance that the play be performed absolutely perfectly or that the show go off smoothly if it meant humiliating someone. They reminded us of the importance of truly demonstrating faith in the abilities of every individual.
You couldn’t really compare the show put on by these extraordinary human beings with the polished professional performance of ‘Il Divo’, but we certainly witnessed a performance of great human value that truly spoke to us and will remain with us for a long time.
giovedì 3 dicembre 2009
venerdì 20 novembre 2009
È lei!
(Questo è un post che avrei dovuto e voluto scrivere subito dopo il World Down Syndrome Congress a Dublino lo scorso agosto, ma per vari motivi non è andata così.)
Sono andata il giorno prima dell’apertura con marito e figli per fare la pre-registrazione e orientarmi dato che avrei dovuto andarci da sola i giorni successivi e non conoscevo il posto. Non c’era tanta gente alla ‘Helix’ della Dublin City University quel giorno e noi quattro ci siamo seduti un attimo nel lounge all’entrata per prendere il fiato e godere la tranquillità. Eravamo lì da un po’ quando vedo entrare una giovane donna dai capelli biondi che camminava in modo non proprio regolare e ho subito esclamato agli altri trattenendomi a fatica, “È lei! È lei!” Mi hanno guardato stupiti senza capire, intanto che ‘lei’ si sedeva con il padre e la madre non lontano da noi nel lounge. Dopo mezz’ora di indecisione - va contro la mia natura essere invadente – ho trovato il coraggio, aggrappata alla mano di Zacky, di andare a presentarmi a Karen Gaffney, nuotatrice americana di una certa fama, con la sindrome di Down, e cercare di spiegare perché questo momento era così importante per me. Diversi anni fa avevo saputo di lei e delle sue conquiste nel nuoto e l’importante lavoro che fa parlando in pubblico per sensibilizzare la gente nei confronti delle persone con la sindrome di Down e dare coraggio alle famiglie. La ammiro e penso che non avrei potuto essere più colpita quel giorno se avessi avuto davanti a me Brad Pitt e Angelina Jolie. Poi Karen ci ha ricevuto con grazia alzandosi in piedi e dandoci un sorriso caloroso e incoraggiante e chiedendo di Zacky che, come si poteva aspettare ha guardato per terra rispondendo a bassa voce … in italiano! È seguita una conversazione vivace in cui lei ci ha raccontato della prossima impresa – la traversata a nuoto di Dun Laoghaire Harbor – e noi abbiamo spiegato un po’ della nostra iniziativa ‘Team Down’ in Italia, raccontando del ritrovo annuale in piazza a Rescaldina e come abbiamo messo in evidenza la sua traversata di Lake Tahoe nel Nevada nel 2007. Penso che Karen abbia capito quanto è importante quello che fa e quanto è importante per noi genitori sapere che per nostri figli tutto è possibile. È bello leggere di lei ma ancora più bello conoscerla dal vivo, e anche se il convegno non era ancora iniziato, quello rimarrà per me il momento più memorabile.
Vedi link:
www.karengaffneyfoundation.com
It’s her!
(This is a message that I should have posted right after the World Down Syndrome Congress in Dublin Ireland this past August, but for various reasons I just didn’t manage to do it.)
I went with my hubby and the kids the day before the congress opened to do early registration and get my bearings given that I was going alone on the following days and didn’t know the place. There were very few people around in the ‘Helix’ at the Dublin City University that day and the four of us sat down for a moment in the lounge at the main entrance to catch our breath and enjoy the serenity of the place. We had been there for awhile when I suddenly noticed a young woman with blond hair and irregular gait coming in and I immediately exclaimed excitedly to the others, “It’s her! It’s her!” They looked at me uncomprehendingly and a little mystified, as ‘she’ sat down with her father and mother not far from us in the lounge. After hesitating a good half hour – it goes against my nature to be forward or disturb people – I worked up the courage, hanging on to Zacky’s hand, to go and introduce myself to Karen Gaffney, an American woman with Down syndrome who has acquired a name for herself through her feats as a swimmer, and try to explain why this moment was so important for me. I had read about her several years ago and about her achievements as a swimmer and the important work that she does with her public speaking to promote awareness about people with Down syndrome and give families courage. I admire her and I think I couldn’t have been more impressed if Brad Pitt and Angelina Jolie themselves had appeared before me! Then Karen stood up and greeted us graciously with a warm encouraging smile, asking about Zacky, who, as you might expect, looked down at his feet and answered in a voice not much beyond a whisper … in Italian! A lively conversation followed in which Karen told us about her next swimming challenge – to swim across Dun Laoghaire Harbor – and we explained a little about our group ‘Team Down’ in Italy, telling about our annual event in the main piazza of Rescaldina and how we had featured her crossing of Lake Tahoe in Nevada in 2007. I think that Karen understood how important her work is and how important it is for us as parents to know that anything is possible for our children. It’s inspiring to read about her, but even better to meet her in person, and though the congress hadn’t even begun, for me that moment remains the most memorable.
See link to Karen's website:
www.karengaffneyfoundation.com
Sono andata il giorno prima dell’apertura con marito e figli per fare la pre-registrazione e orientarmi dato che avrei dovuto andarci da sola i giorni successivi e non conoscevo il posto. Non c’era tanta gente alla ‘Helix’ della Dublin City University quel giorno e noi quattro ci siamo seduti un attimo nel lounge all’entrata per prendere il fiato e godere la tranquillità. Eravamo lì da un po’ quando vedo entrare una giovane donna dai capelli biondi che camminava in modo non proprio regolare e ho subito esclamato agli altri trattenendomi a fatica, “È lei! È lei!” Mi hanno guardato stupiti senza capire, intanto che ‘lei’ si sedeva con il padre e la madre non lontano da noi nel lounge. Dopo mezz’ora di indecisione - va contro la mia natura essere invadente – ho trovato il coraggio, aggrappata alla mano di Zacky, di andare a presentarmi a Karen Gaffney, nuotatrice americana di una certa fama, con la sindrome di Down, e cercare di spiegare perché questo momento era così importante per me. Diversi anni fa avevo saputo di lei e delle sue conquiste nel nuoto e l’importante lavoro che fa parlando in pubblico per sensibilizzare la gente nei confronti delle persone con la sindrome di Down e dare coraggio alle famiglie. La ammiro e penso che non avrei potuto essere più colpita quel giorno se avessi avuto davanti a me Brad Pitt e Angelina Jolie. Poi Karen ci ha ricevuto con grazia alzandosi in piedi e dandoci un sorriso caloroso e incoraggiante e chiedendo di Zacky che, come si poteva aspettare ha guardato per terra rispondendo a bassa voce … in italiano! È seguita una conversazione vivace in cui lei ci ha raccontato della prossima impresa – la traversata a nuoto di Dun Laoghaire Harbor – e noi abbiamo spiegato un po’ della nostra iniziativa ‘Team Down’ in Italia, raccontando del ritrovo annuale in piazza a Rescaldina e come abbiamo messo in evidenza la sua traversata di Lake Tahoe nel Nevada nel 2007. Penso che Karen abbia capito quanto è importante quello che fa e quanto è importante per noi genitori sapere che per nostri figli tutto è possibile. È bello leggere di lei ma ancora più bello conoscerla dal vivo, e anche se il convegno non era ancora iniziato, quello rimarrà per me il momento più memorabile.
Vedi link:
www.karengaffneyfoundation.com
It’s her!
(This is a message that I should have posted right after the World Down Syndrome Congress in Dublin Ireland this past August, but for various reasons I just didn’t manage to do it.)
I went with my hubby and the kids the day before the congress opened to do early registration and get my bearings given that I was going alone on the following days and didn’t know the place. There were very few people around in the ‘Helix’ at the Dublin City University that day and the four of us sat down for a moment in the lounge at the main entrance to catch our breath and enjoy the serenity of the place. We had been there for awhile when I suddenly noticed a young woman with blond hair and irregular gait coming in and I immediately exclaimed excitedly to the others, “It’s her! It’s her!” They looked at me uncomprehendingly and a little mystified, as ‘she’ sat down with her father and mother not far from us in the lounge. After hesitating a good half hour – it goes against my nature to be forward or disturb people – I worked up the courage, hanging on to Zacky’s hand, to go and introduce myself to Karen Gaffney, an American woman with Down syndrome who has acquired a name for herself through her feats as a swimmer, and try to explain why this moment was so important for me. I had read about her several years ago and about her achievements as a swimmer and the important work that she does with her public speaking to promote awareness about people with Down syndrome and give families courage. I admire her and I think I couldn’t have been more impressed if Brad Pitt and Angelina Jolie themselves had appeared before me! Then Karen stood up and greeted us graciously with a warm encouraging smile, asking about Zacky, who, as you might expect, looked down at his feet and answered in a voice not much beyond a whisper … in Italian! A lively conversation followed in which Karen told us about her next swimming challenge – to swim across Dun Laoghaire Harbor – and we explained a little about our group ‘Team Down’ in Italy, telling about our annual event in the main piazza of Rescaldina and how we had featured her crossing of Lake Tahoe in Nevada in 2007. I think that Karen understood how important her work is and how important it is for us as parents to know that anything is possible for our children. It’s inspiring to read about her, but even better to meet her in person, and though the congress hadn’t even begun, for me that moment remains the most memorable.
See link to Karen's website:
www.karengaffneyfoundation.com
giovedì 24 settembre 2009
Il panino più buono in assoluto
Quale è il panino più buono in assoluto? Dovessi fare un indagine sicuramente ognuno di noi avrebbe una risposta diversa. Personalmente non mi attira più il sandwich di pane bianco morbido con il burro di arachidi e la marmellata che mangiavamo da piccoli (che orrore!); opterei piuttosto per un buon ‘francesino’ fresco con speck e gorgonzola dolce che cola da tutte le parti. L’altro giorno Zacky ha preparato il tavolo per il pranzo mettendo ogni ben di dio dalla mozzarella al prosciutto tutto quello che trovava nel frigo compreso diverse cose che proprio non c’entravano per nulla con il pranzo. Mi aveva perfino fatto aprire una scatola di tonno che lui adora e quando finalmente mi sono seduta al tavolo lui stava già divorando con gusto il suo panino con i semi di zucca. L’ho tenuto d’occhio un attimo per vedere dove cadeva il tonno e inizialmente mi sono meravigliata a vedere che non stava facendo il solito pasticcio. “Aha! … non hai messo niente!”, l’ho accusato. Invece mi ha aperto il panino trionfante per farmi vedere che l’aveva riempito sì; con un bel blocco di … pane nero! (pane multi cereale scuro) E questo sicuramente per lui è il massimo che la cucina italiana possa offrire.
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The ultimate sandwich
What is the ultimate sandwich? I am sure if I were to run a survey everyone would have a different answer. Personally I no longer have even the slightest craving for the peanut butter and jam sandwiches on Wonder Bread that we used to eat as kids (yuck!), but a nice speck and gorgonzola cheese on fresh crusty French bread… now that I could get worked up about! The other day Zacky prepared the table for lunch putting out all kinds of stuff from mozzarella to prosciutto, everything he could find in the fridge including a number of things that had nothing to do with lunch. He even had me open a tin of tuna that he adores and when I finally managed to sit down at the table, he was already devouring his pumpkin seed bun. I kept an eye on him for a moment to see where the tuna was going to fall and was initially very surprised to see that he wasn’t making the usual mess. “Aha” I accused him “you haven’t put anything in that!”. Instead, he opened the bun triumphantly to show me that he had put something in; a big lump of … ’black’ bread! (dark multi-grain bread) For Zacky this is surely the absolute maximum that Italian cuisine has to offer.
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The ultimate sandwich
What is the ultimate sandwich? I am sure if I were to run a survey everyone would have a different answer. Personally I no longer have even the slightest craving for the peanut butter and jam sandwiches on Wonder Bread that we used to eat as kids (yuck!), but a nice speck and gorgonzola cheese on fresh crusty French bread… now that I could get worked up about! The other day Zacky prepared the table for lunch putting out all kinds of stuff from mozzarella to prosciutto, everything he could find in the fridge including a number of things that had nothing to do with lunch. He even had me open a tin of tuna that he adores and when I finally managed to sit down at the table, he was already devouring his pumpkin seed bun. I kept an eye on him for a moment to see where the tuna was going to fall and was initially very surprised to see that he wasn’t making the usual mess. “Aha” I accused him “you haven’t put anything in that!”. Instead, he opened the bun triumphantly to show me that he had put something in; a big lump of … ’black’ bread! (dark multi-grain bread) For Zacky this is surely the absolute maximum that Italian cuisine has to offer.
mercoledì 16 settembre 2009
Auguri!
Conoscete il gioco dove una persona dice una frase a bassa voce nell’orecchio della persona accanto che a sua volta ripete quello che ha sentito nell’orecchio della persona accanto a lui e così via fino ad arrivare all’ultima persona che dice ad alta voce quello che crede di avere sentito? Le risate sono assicurate perche difficilmente la frase che esce alla fine corrisponde a quella che la prima persona intendeva. Questa mattina Lucio deve avere detto a Zacky di dirmi ‘Tanti auguri’. Così un attimo dopo c’era Zacky a bussare insistente alla porta del bagno per dirmi ‘Tanti Buon Compleanno!’ … e questo, secondo me, è proprio un bel augurio!
Do you know the game where one person whispers something in the ear of the person next to him who then in turn repeats what he heard in the ear of the next person and so on to the last person who then repeats what he heard out loud? It’s guaranteed to get a laugh because what comes out in the end is almost sure to have undergone some hilarious transformation from what the first person intended. This morning Lucio must have told Zacky to tell me ‘Tanti auguri’ (i.e. ‘Many (best) wishes’). A moment later, there is Zacky banging at the bathroom door, telling me ‘Tanti Buon Compleanno’, which would translate literally ‘Many Happy Birthday’… and that, if you ask me, is a mighty fine way to wish someone a Happy Birthday!
Do you know the game where one person whispers something in the ear of the person next to him who then in turn repeats what he heard in the ear of the next person and so on to the last person who then repeats what he heard out loud? It’s guaranteed to get a laugh because what comes out in the end is almost sure to have undergone some hilarious transformation from what the first person intended. This morning Lucio must have told Zacky to tell me ‘Tanti auguri’ (i.e. ‘Many (best) wishes’). A moment later, there is Zacky banging at the bathroom door, telling me ‘Tanti Buon Compleanno’, which would translate literally ‘Many Happy Birthday’… and that, if you ask me, is a mighty fine way to wish someone a Happy Birthday!
venerdì 14 agosto 2009
La partenza
È dalla fine della scuola che Zacky dice: “Andiamo a’ mare!” e da quando abbiamo deciso veramente di fare un giretto in Friuli ha cominciato a dire tutti i giorni, più e più volte “Friuli! Grado! Mare!” e poi “valigie, macchina, andiamo!”, convinto di potere fare subito le valigie e partire immediatamente. Tutti i giorni pensava che fosse giunto il momento e tutte le volte rimaneva male quando spiegavo che papà doveva lavorare ancora qualche giorno, o che io avevo ancora delle cose da fare prima di partire. Giovedì, quando ha capito che era arrivato finalmente il giorno della partenza Zacky non stava più nella pelle; ha messo insieme le cose più essenziali da portare: il Nintendo DS, l’Omnitrix (di Ben 10) e i quaderni dei compiti – tutti i quaderni di quest’anno per un weekend di quattro giorni! Anche se era una giornata particolarmente calda e Zacky adora la piscina è stato difficile convincerlo ad andare in piscina nel pomeriggio tanto era agitato e ansioso di partire. Verso le 10 di sera era giunta l’ora di partire e ho cominciato a chiamare i bambini per accertare che avessero lavato i denti e fatto pipì. Ma dove si era cacciato Zacky? Ho subito pensato che fosse fuori in giardino magari a fare un ultimo salto sul trampolino o ‘nel garage’ come dice lui a giocare con il computer, ma non c’era. Abbiamo chiamato gridando ad alta voce cercando in ogni angolo della casa e del giardino, ma niente Zacky! Panico! Poi una piccola luce si è accesa in testa e noto mia figlia che ridacchiava e chiaramente ha avuto la mia stessa idea … siamo usciti di corsa fino alla macchina, e infatti, è lì che l’abbiamo trovato, seduto al suo solito posto con la cintura di sicurezza già allacciata! Aggiungo solo che deve avere avuto talmente tanta fretta di partire che non si era disturbato per niente per fare pipì! Questo l’abbiamo capito però quando era ormai troppo tardi per tornare indietro, ma lui in ogni caso non voleva perdere più tempo e insisteva che l’avrebbe fatta nella casa in Friuli, e non fa niente che mancavano quattro ore di viaggio da passare in macchina!
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Leaving for Friuli
Ever since school finished Zacky has been saying: “Andiamo a’ mare!” (trans. “Let’s go to sea!”) and when we finally decided to take a trip to Friuli he started to say over and over again every day “Friuli! Grado! Mare!” (Friuli is the region, and Grado is a small town by the sea in that area of Italy; mare=sea) and then “valigie, macchina, andiamo!” (trans. “suitcases, car, let’s go!”), sure that he could just pack his bags and take off right away. Every day he thought the moment had arrived and every time he was disappointed when I explained that papà still had to work a few more days, or that I still had things to get done before we could leave. When he realized that the day of departure had finally arrived last Thursday, there was no stopping him; he got together all the essential things for the trip: the Nintendo DS, “Omnitrix” (the Ben 10 ‘watch’) and his homework notebooks, i.e. every last notebook from this school year for a four-day weekend! Even though it was a particularly hot day and Zacky adores the pool, he was so excited and anxious to leave that it was difficult to convince him to go for a swim in the afternoon. Around 10 in the evening when it was almost time to leave I began to call the kids to check whether they had brushed their teeth and gone to the bathroom. But where was Zacky? I thought at first that he was out in the backyard perhaps having one last jump on the trampoline, or ‘in the garage’ (as he puts it) playing on the computer, but he wasn’t there. We called and called, shouting in a loud voice, searching in every corner of the house and yard, but no Zacky! Panic! Then a little light started to come on in my head and I looked at Melissa who was starting to smile and had obviously just had the same idea … we ran out to the car and sure enough, there we found him, sitting in his usual place with his seat belt already on! I will just add that he must have been in such a hurry to leave that he didn’t bother at all to go for a last pee! We figured this out however, when it was already too late to turn back, but he had no intention of wasting any more time and insisted that he could hold it till we got to Friuli, and so what if we had a four-hour trip in the car ahead of us!
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Leaving for Friuli
Ever since school finished Zacky has been saying: “Andiamo a’ mare!” (trans. “Let’s go to sea!”) and when we finally decided to take a trip to Friuli he started to say over and over again every day “Friuli! Grado! Mare!” (Friuli is the region, and Grado is a small town by the sea in that area of Italy; mare=sea) and then “valigie, macchina, andiamo!” (trans. “suitcases, car, let’s go!”), sure that he could just pack his bags and take off right away. Every day he thought the moment had arrived and every time he was disappointed when I explained that papà still had to work a few more days, or that I still had things to get done before we could leave. When he realized that the day of departure had finally arrived last Thursday, there was no stopping him; he got together all the essential things for the trip: the Nintendo DS, “Omnitrix” (the Ben 10 ‘watch’) and his homework notebooks, i.e. every last notebook from this school year for a four-day weekend! Even though it was a particularly hot day and Zacky adores the pool, he was so excited and anxious to leave that it was difficult to convince him to go for a swim in the afternoon. Around 10 in the evening when it was almost time to leave I began to call the kids to check whether they had brushed their teeth and gone to the bathroom. But where was Zacky? I thought at first that he was out in the backyard perhaps having one last jump on the trampoline, or ‘in the garage’ (as he puts it) playing on the computer, but he wasn’t there. We called and called, shouting in a loud voice, searching in every corner of the house and yard, but no Zacky! Panic! Then a little light started to come on in my head and I looked at Melissa who was starting to smile and had obviously just had the same idea … we ran out to the car and sure enough, there we found him, sitting in his usual place with his seat belt already on! I will just add that he must have been in such a hurry to leave that he didn’t bother at all to go for a last pee! We figured this out however, when it was already too late to turn back, but he had no intention of wasting any more time and insisted that he could hold it till we got to Friuli, and so what if we had a four-hour trip in the car ahead of us!
Perché "Halfway to Gorgeousness"?
"Halfway to gorgeousness" tradotto letteralmente vuol dire "metà strada per arrivare allo splendore". Ci è capitato di guardare una sera uno show della Sig.ra Nigella, dea domestica della BBC. Inizialmente non guardavo con grande attenzione; mi sembrava la solita donna che prepara le sue ricette per la famiglia con modo di fare inoltre che trovavo irritante. Come faceva ad andare in estasi per ogni ingrediente, descrivendo con gli aggettivi più stravaganti ogni sviluppo del prodotto in preparazione? A un certo punto ha detto con un sospiro di vero trasporto (e io non credevo le mie orecchie!) “it’s halfway to gorgeousness!” Ci siamo guardati increduli e ci siamo messi a ridere per la totale assurdità dell’espressione. Però, spesso le cose più ridicole sono le cose che ti rimangono in testa, e questa espressione è entrata nel gergo della nostra famiglia, e provoca sempre una bella risata.
Quando ho chiesto un suggerimento per il nome di questo blog, mia figlia che nemmeno sapeva bene di che cosa si trattava, ha detto scherzosamente: “halfway to gorgeousness!” un nome che forse non poteva essere più azzeccato. Pensandoci bene, forse mi vedo dopo tutto nell’entusiasmo di Nigella che la spingeva ad esclamare così prima ancora di vedere la buona riuscita della sua torta o provare la sua bontà. Al mio avviso, i miei due figli, uno con la sindrome di Down e l’altra no, erano già bellissimi in partenza. Non so come sarà il prodotto finale, ma intanto sto godendo la strada che stiamo facendo insieme, e non avrei nessuna esitazione a dire di nessuno dei due che è a metà strada per arrivare a essere davvero splendido!
********************
Why “Halfway to Gorgeousness”?
We happened to see a program one evening showing Nigella, domestic goddess of the BBC. Initially I wasn’t really watching with any great attention; it just seemed to be your average woman preparing dishes for her family in a way I found irritating. How could she truly be in ecstasy over every ingredient, describing every phase of the preparation with the most extravagant, whimsical adjectives? At a certain point in the program she said with a real sigh of rapture (and I couldn’t believe my ears!) “It’s halfway to gorgeousness!” We all looked at each other and cracked up laughing at the absolute absurdity of the expression. However, often the most ridiculous things are the ones that stick in your head, and this expression has in fact become an ‘in- joke’, and continues to tickle the funny-bone in our family.
When I asked for suggestions about a name for this blog, my daughter, who didn’t really even know what it was all about, jokingly suggested: “halfway to gorgeousness!”, a name that probably couldn’t have been more on the mark. When I thought about it, perhaps I could identify after all with the enthusiasm of Nigella that compelled her to exclaim with such obvious delight even before she saw how her cake turned out or had the chance to taste it. My two kids, one with Down syndrome and the other just plain regular variety, were both absolutely beautiful right from day one. I don’t really know how the finished product will be, but in the meantime I am enjoying the road we’re on together, and would have no hesitation in saying about either one of them that they are “halfway to gorgeousness”!
Quando ho chiesto un suggerimento per il nome di questo blog, mia figlia che nemmeno sapeva bene di che cosa si trattava, ha detto scherzosamente: “halfway to gorgeousness!” un nome che forse non poteva essere più azzeccato. Pensandoci bene, forse mi vedo dopo tutto nell’entusiasmo di Nigella che la spingeva ad esclamare così prima ancora di vedere la buona riuscita della sua torta o provare la sua bontà. Al mio avviso, i miei due figli, uno con la sindrome di Down e l’altra no, erano già bellissimi in partenza. Non so come sarà il prodotto finale, ma intanto sto godendo la strada che stiamo facendo insieme, e non avrei nessuna esitazione a dire di nessuno dei due che è a metà strada per arrivare a essere davvero splendido!
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Why “Halfway to Gorgeousness”?
We happened to see a program one evening showing Nigella, domestic goddess of the BBC. Initially I wasn’t really watching with any great attention; it just seemed to be your average woman preparing dishes for her family in a way I found irritating. How could she truly be in ecstasy over every ingredient, describing every phase of the preparation with the most extravagant, whimsical adjectives? At a certain point in the program she said with a real sigh of rapture (and I couldn’t believe my ears!) “It’s halfway to gorgeousness!” We all looked at each other and cracked up laughing at the absolute absurdity of the expression. However, often the most ridiculous things are the ones that stick in your head, and this expression has in fact become an ‘in- joke’, and continues to tickle the funny-bone in our family.
When I asked for suggestions about a name for this blog, my daughter, who didn’t really even know what it was all about, jokingly suggested: “halfway to gorgeousness!”, a name that probably couldn’t have been more on the mark. When I thought about it, perhaps I could identify after all with the enthusiasm of Nigella that compelled her to exclaim with such obvious delight even before she saw how her cake turned out or had the chance to taste it. My two kids, one with Down syndrome and the other just plain regular variety, were both absolutely beautiful right from day one. I don’t really know how the finished product will be, but in the meantime I am enjoying the road we’re on together, and would have no hesitation in saying about either one of them that they are “halfway to gorgeousness”!
lunedì 27 luglio 2009
I complimenti sinceri
Come tutte le mamme, sono sempre contenta quando qualcuno fa un complimento sincero ai miei figli. Ricordo un giorno quando mia figlia Melissa aveva solo pochi mesi ed eravamo in giro per Milano, lei un piccolo fagotto con la testa ancora sotto il livello del bordo superiore del marsupio che guardava il mondo fuori con grandi occhi azzurri. Mi ha fermato un uomo per dirmi, “Signora, sua figlia ha gli occhi veramente belli!”, poi se ne è andato per la sua strada. Mi ha colpito molto il complimento, non solo per la sua sincerità ma anche perché veniva da un uomo che nemmeno conoscevo; una cosa inaudita per la mia cultura dove i maschi non si sognerebbero mai di fare una cosa davvero così ‘poco maschile’.
Pochi mesi dopo la nascita di nostro figlio Zackary ci siamo recati per la prima volta nello studio medico di una neuropsichiatra che sarebbe in seguito diventata un punto di riferimento per noi importante. Eravamo molto ansiosi al riguardo di come affrontare la sindrome di Down e come questo avrebbe influito sulla nostra vita, abbiamo quindi tempestato la dottoressa di mille domande. Alla fine della visita, lei mi ha riconsegnato mio figlio con tanta dolcezza dicendomi con convinzione le parole magiche che ogni genitore vuole sentire, “Signori, avete davvero un bel bambino!” Ripensandoci tempo dopo, una piccola voce dentro di me diceva che probabilmente diceva così a tutti i genitori, o almeno cercava di dire qualcosa di bello ad ogni genitore, ma al momento mi sentivo veramente piena di orgoglio. Credo che nella sua saggezza lei sapeva che erano queste le parole più importanti; più di qualsiasi altra riposta o informazione che poteva dare.
Oggi, ho avuto necessità di sentire il professore di una clinica di Milano per avere informazioni su una cura che Zacky sta facendo. Non trovandolo ho insistito con la sua assistente. Quando ho dato nome e cognome di mio figlio, questa ha esclamato, “Mi ricordo benissimo di suo figlio dalla prima volta che è stato qui da noi (aveva pochi mesi), non solo per questo nome biblico, ma mi ricordo che era bellissimo, e in quel momento, che ero all’inizio della mia esperienza lavorativa in questa clinica, avevo proprio bisogno di trovare un lato positivo!” Insomma, mi ha fatto capire che era stato di grande aiuto vedere un bambino bello con la sindrome di Down. Mi ha fatto molto piacere sapere che già nei primi mesi di vita Zacky stava già colpendo i cuori delle persone che forse temevano di incontrare sempre una brutta realtà.
Bisogna ammettere… la bellezza può essere una cosa effimera e sicuramente i bambini non rimangono sempre belli. Il sorriso smagliante che aveva una volta Zacky ad esempio è mutato negli ultimi tempi con la comparsa dei denti permanenti e adesso ha un aspetto decisamente furbetto! E non bisogna neanche dare per scontato che la buona salute di cui ha goduto fin’ora lo assisterà per tutta la vita. Ma dato che tuttavia persiste un’idea spesso negativo sulle persone con la sindrome di Down sono proprio contenta tutte le volte che mio figlio può dimostrare che non è così.
Compliments that count
Like all mothers I am always thrilled when someone pays my kids a sincere compliment. I remember once when my daughter Melissa was only a few months old and I was walking around the centre of Milan with her, she a little bundle with her head still below the upper edge of the baby sling looking out at the world with her big, blue eyes. A man stopped me in the street to tell me, “Signora, your daughter has the most beautiful eyes!”, then before I had chance to say anything he was gone again. I was really struck by this compliment, not just for its sincerity, but because it came from a man – yes, a man - I didn’t even know. This would be quite unheard of in my culture, where a man wouldn’t dream of doing anything so un-macho!
A few months after our son was born, we took him for a first visit with a developmental neuropsychiatrist who would become an important point of reference for us in raising Zacky. We were very anxious about how we would deal with Down syndrome and how this would affect our lives, and I am afraid we must have assailed her with dozens and dozens of questions. At the end of the consultation, the doctor handed me our son very gently, saying with great conviction those magic words that every parent wants to hear, “You have a really beautiful baby!” Thinking about that moment some time later, a niggling little voice inside of me said she probably said the same thing to all parents or at least tried to say something nice to every parent, but at that moment I really felt proud of my son. I believe that in her wisdom this doctor knew that these were the most important words to say to us; more than any other answer or information that she could give.
Today, I had to call the head doctor in a clinic in Milan about a certain treatment we are giving Zacky. Not being able to reach him in person I insisted on speaking with his assistant. When I gave her my son’s name she immediately exclaimed, “I remember your son very well from the very first time you brought him here to the clinic (at four months of age), not only for his very biblical name, but I remember what a beautiful baby he was, and at that point in time when I was at the beginning of my experience working at the clinic, I really needed to see something positive!” In short, she explained that it had been very comforting to her to see a beautiful, healthy baby with Down syndrome. It really made my day to know that already in the first months of his life Zacky was already making his mark on people who were afraid of always finding a harsh, unpalatable reality.
I have to admit of course that physical beauty can be a fleeting thing and kids certainly don’t always remain cute. With the appearance of Zacky’s permanent teeth for example, the dazzlingly perfect smile he once had, has given way to a decidedly impish and toothy grin. (Work is ongoing!) Nor would I want to take for granted the excellent health Zacky has had since birth. But given that an often depressingly negative image persists of the person with Down syndrome, I am happy whenever my son shows that it is not always so.
Pochi mesi dopo la nascita di nostro figlio Zackary ci siamo recati per la prima volta nello studio medico di una neuropsichiatra che sarebbe in seguito diventata un punto di riferimento per noi importante. Eravamo molto ansiosi al riguardo di come affrontare la sindrome di Down e come questo avrebbe influito sulla nostra vita, abbiamo quindi tempestato la dottoressa di mille domande. Alla fine della visita, lei mi ha riconsegnato mio figlio con tanta dolcezza dicendomi con convinzione le parole magiche che ogni genitore vuole sentire, “Signori, avete davvero un bel bambino!” Ripensandoci tempo dopo, una piccola voce dentro di me diceva che probabilmente diceva così a tutti i genitori, o almeno cercava di dire qualcosa di bello ad ogni genitore, ma al momento mi sentivo veramente piena di orgoglio. Credo che nella sua saggezza lei sapeva che erano queste le parole più importanti; più di qualsiasi altra riposta o informazione che poteva dare.
Oggi, ho avuto necessità di sentire il professore di una clinica di Milano per avere informazioni su una cura che Zacky sta facendo. Non trovandolo ho insistito con la sua assistente. Quando ho dato nome e cognome di mio figlio, questa ha esclamato, “Mi ricordo benissimo di suo figlio dalla prima volta che è stato qui da noi (aveva pochi mesi), non solo per questo nome biblico, ma mi ricordo che era bellissimo, e in quel momento, che ero all’inizio della mia esperienza lavorativa in questa clinica, avevo proprio bisogno di trovare un lato positivo!” Insomma, mi ha fatto capire che era stato di grande aiuto vedere un bambino bello con la sindrome di Down. Mi ha fatto molto piacere sapere che già nei primi mesi di vita Zacky stava già colpendo i cuori delle persone che forse temevano di incontrare sempre una brutta realtà.
Bisogna ammettere… la bellezza può essere una cosa effimera e sicuramente i bambini non rimangono sempre belli. Il sorriso smagliante che aveva una volta Zacky ad esempio è mutato negli ultimi tempi con la comparsa dei denti permanenti e adesso ha un aspetto decisamente furbetto! E non bisogna neanche dare per scontato che la buona salute di cui ha goduto fin’ora lo assisterà per tutta la vita. Ma dato che tuttavia persiste un’idea spesso negativo sulle persone con la sindrome di Down sono proprio contenta tutte le volte che mio figlio può dimostrare che non è così.
Compliments that count
Like all mothers I am always thrilled when someone pays my kids a sincere compliment. I remember once when my daughter Melissa was only a few months old and I was walking around the centre of Milan with her, she a little bundle with her head still below the upper edge of the baby sling looking out at the world with her big, blue eyes. A man stopped me in the street to tell me, “Signora, your daughter has the most beautiful eyes!”, then before I had chance to say anything he was gone again. I was really struck by this compliment, not just for its sincerity, but because it came from a man – yes, a man - I didn’t even know. This would be quite unheard of in my culture, where a man wouldn’t dream of doing anything so un-macho!
A few months after our son was born, we took him for a first visit with a developmental neuropsychiatrist who would become an important point of reference for us in raising Zacky. We were very anxious about how we would deal with Down syndrome and how this would affect our lives, and I am afraid we must have assailed her with dozens and dozens of questions. At the end of the consultation, the doctor handed me our son very gently, saying with great conviction those magic words that every parent wants to hear, “You have a really beautiful baby!” Thinking about that moment some time later, a niggling little voice inside of me said she probably said the same thing to all parents or at least tried to say something nice to every parent, but at that moment I really felt proud of my son. I believe that in her wisdom this doctor knew that these were the most important words to say to us; more than any other answer or information that she could give.
Today, I had to call the head doctor in a clinic in Milan about a certain treatment we are giving Zacky. Not being able to reach him in person I insisted on speaking with his assistant. When I gave her my son’s name she immediately exclaimed, “I remember your son very well from the very first time you brought him here to the clinic (at four months of age), not only for his very biblical name, but I remember what a beautiful baby he was, and at that point in time when I was at the beginning of my experience working at the clinic, I really needed to see something positive!” In short, she explained that it had been very comforting to her to see a beautiful, healthy baby with Down syndrome. It really made my day to know that already in the first months of his life Zacky was already making his mark on people who were afraid of always finding a harsh, unpalatable reality.
I have to admit of course that physical beauty can be a fleeting thing and kids certainly don’t always remain cute. With the appearance of Zacky’s permanent teeth for example, the dazzlingly perfect smile he once had, has given way to a decidedly impish and toothy grin. (Work is ongoing!) Nor would I want to take for granted the excellent health Zacky has had since birth. But given that an often depressingly negative image persists of the person with Down syndrome, I am happy whenever my son shows that it is not always so.
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